Il pellegrinaggio di Arbaeen e la straordinaria accoglienza irachena nel raduno più grande del mondo

Karbala, settembre 2023

Karbala March

Venti giorni di celebrazioni, presenze da quaranta paesi del mondo per milioni di persone coinvolte, di diverse culture, tra musulmani sciiti, sunniti, cristiani, yazidi e altre fedi: questi i numeri del pellegrinaggio di Arba’een, noto anche come Marcia di Arba’een o Marcia di Karbala.

Quello che viene definito ‘il più grande raduno annuale al mondo’ non si tiene negli Stati Uniti, in Europa, in Asia o in India, i cui territori sono densamente popolati e altamente attrattivi.

Si tiene in Iraq.

Ogni anno milioni di fedeli accorrono nel Paese per partecipare al pellegrinaggio verso il Santuario dell’Imam Husayn – che la pace sia su di lui, come sono soliti riferirsi i fedeli nel momento in cui ne citano il nome, a Karbala.

La moschea è, per l’appunto, il luogo di sepoltura di Husayn ibn Ali, il terzo imam dell’Islam sciita e nipote del profeta Maometto. Il santuario è eretto presso il luogo in cui Husayn accettò il martirio durante la battaglia di Karbala nel 680 d.C. ed è meta di pellegrinaggio in occasione della ricorrenza della fine dei 40 giorni di lutto dal suo martirio, avvenuto il decimo giorno, noto come Ashura, del mese di Moharram.

L’evento commemora il ritorno a Karbala dei sopravvissuti alla tragedia dell’Ashura, per lo più donne e bambini.

Non solo un cammino religioso

La marcia di Arba’een è un appuntamento confessionale, un viaggio religioso e spirituale per i pellegrini pronti ad affrontare i molti chilometri del cammino: 75 i chilometri da coprire partendo, ad esempio, da Najaf; circa 100 partendo invece da Baghdad. Ma ci sono pellegrini che affrontano anche i 500 km che separano Karbala da Bassora, fino agli oltre 2600 km partendo invece da Mashhad, in Iran.

La straordinaria peculiarità di questa ricorrenza è la capacità di catalizzare l’attenzione di ogni genere di persona, a prescindere dalla religione di appartenenza, dal ceto sociale o cultura.

In Iraq invece, il pellegrinaggio di Arba’een, noto anche come Ziara, è volontario e coloro che lo compiono, lo fanno “per amore”, come condiviso da alcuni pellegrini.  Non solo. Si tratta di un vero e proprio #InternationalVolunteerWorkDay: durante i 20 giorni di celebrazione, infatti, enti di beneficenza, moschee locali, volontari e gli stessi cittadini iracheni mettono a disposizione di chi affronta il cammino cibo, alloggi, bevande, supporto medico, assistenza odontoiatrica, o anche semplicemente una presa di corrente per ricaricare un cellulare.

Le porte delle case private degli iracheni si aprono, le tavole si condividono, le culture si fondono all’insegna di una emozione capace di unire anche quelle più distanti. Affinché tutti, alla fine, possano arrivare a destinazione. In prima linea anche le autorità irachene che, non solo garantiscono la sicurezza e il corretto svolgimento di questa manifestazione, ma si spendono in prima persona per sostenere chi affronta la marcia.

La cura dei pellegrini è considerata da tutti un dovere religioso: si ritiene che Husayn ibn Ali trascenda tutti i confini culturali e sia un simbolo di libertà e compassione universali.

Il senso di comunità

Chi ha compiuto il cammino lo ha descritto come “di intensa pietà e di solidarietà comunitaria”.

Così le strade che portano a Karbala si riempiono di migliaia di tende, le mawakeb, dove si offre a chi compie la marcia, ogni genere di sostegno, in una manifestazione di unità e fratellanza oltre i confini e le singole appartenenze.

Questo appuntamento, oggi sempre più conosciuto e frequentato a livello mondiale, ha chiaramente risentito delle fragilità geo politiche del Paese nel corso degli anni: sospeso più volte, dal 2003 si tiene con sempre maggiore continuità ed è l’esempio più lampante della generosità e dell’accoglienza che il popolo iracheno sa riservare tanto ai propri connazionali quanto ai turisti stranieri e a chiunque si rechi in visita nella nazione.

Una esperienza che viene definita, da chi compie il cammino, come “surreale” con “oceani” di persone, donne, bambini, che compiono la marcia anche con stampelle o sedie a rotelle, affrontando temperature fino ai 50 gradi. Un vero e proprio “atto di amore, sacrificio, altruismo, pazienza, infinita generosità tra persone di diversa età, genere, nazioni, che si spendono nel sostegno reciproco e nell’aiuto disinteressato, dal sostegno economico ai massaggi fino all’impegno a tenere pulite le strade”.

Una rappresentazione di multiculturalismo, che “non fa notizia”, come lamentato spesso da autorità istituzionali e religiose locali, fatta di vicinanza e partecipazione personale.

Una nuova Meta

Meta del pellegrinaggio, il Santuario dell’Imam Husayn, facilmente riconoscibile dalla cupola alta quasi 30 metri e completamente ricoperta d’oro, è circondata nella parte inferiore da dodici finestre e ospita circa 65 stanze decorate utilizzate per lo studio. Una meraviglia architettonica racchiusa in un muro di cinta in legno ricoperto da decorazioni in vetro.

La Marcia di Karbala è descritta dai pellegrini come una ‘passeggiata verso il paradiso’, capace di accorciare anche le storiche distanze tra sciiti e sunniti, dei dissensi politici, delle critiche che un palcoscenico di milioni di persone può rappresentare: non esiste infatti distinzione nell’accoglienza da parte degli iracheni verso i pellegrini e i turisti provenienti da ogni continente.

Questo ad ulteriore conferma delle profonde radici di civiltà dell’Iraq che, nel triangolo di territorio che ha visto crescere Assiri, Babilonesi e Sumeri, ancora oggi è centro del dialogo interreligioso.

Proprio la Marcia di Arba’een definisce questo Paese come una nuova destinazione turistica mondiale, con una capacità di accoglienza e cura dell’ospite superiore a quello che si possa immaginare: un Paese aperto, amichevole e pronto ad innovarsi, e a candidare le sue tradizioni, gli oltre 15mila siti storici e la sua arte, come nuova meta di turismo a carattere religioso culturale.

Benvenuti in Iraq.

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Photo Credit: Imam Hussain Media Department

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