Roma – 8 Febbraio 2016. È stata la Corte di Cassazione, a Sezioni Riunite, a dare voce ad una nuova sentenza, già implicitamente esistente nei meandri del diritto consuetudinario internazionale. La Disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle Ambasciate, Consolati, Legazioni, Istituti culturali ed Organismi internazionali in Italia, redatta nel 2003, vede con tale misura un ulteriore aggiornamento nella delicata gestione distributiva delle competenze tra stato inviante ed ospitante.
Sembrerebbe infatti che, in caso di rapporto di lavoro alle dipendenze di Ambasciate estere in Italia, laddove nascesse una controversia esclusivamente in materia di differenze retributive, in tal caso la giurisdizione sarebbe nelle mani del giudice italiano. Ciò avverrebbe non soltanto in caso di dipendenti con mansioni ausiliarie, periferiche o accessorie, ma anche di dipendenti con funzioni consolari, a patto che la richiesta effettuata alle corti italiane contempli esclusivamente l’ambito patrimoniale e, soprattutto, non siano neppur minimamente inclini a incidere o interferire con le funzioni dello Stato sovrano.
Tre sono quindi le situazioni che devono incontrarsi al fine di non riconoscere l’immunità dalla giurisdizione, ossia:
1. Dipendenti con mansioni ausiliarie o consolari;
2. L’oggetto della richiesta coinvolga solamente questioni patrimoniali;
3. Tali questioni sollevate siano svincolate dalla possibilità di danneggiare lo Stato sovrano.
Già precedentemente, tuttavia, le Sezioni Riunite avevano mostrato una maturità procedurale nel superamento della tesi dell’immunità diffusa, raccogliendo il principio dell’immunità ristretta o relativa.
Come citato in apertura, tale principio, che meglio sposa una Diplomazia in rapida e costante evoluzione, è conforme non solo all’interpretazione italiana della Convezione delle Relazioni Diplomatiche (1961) e Consolari (1963), ma anche al diritto internazionale consuetudinario, laddove l’esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile è vincolata agli atti iure imperio – attraverso i quali vengono esercitate le funzioni pubbliche statali – e non si estende invece agli atti iure gestionis – atti invece compiuti da organi e funzionari dello Stato aventi natura privatistica.
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